giovedì 26 dicembre 2002

Santo Stefano sul Delta

Giovedì 26 dicembre. I lauti pasti natalizi hanno senza dubbio incrementato la consistenza dell'adipe. Al risveglio, inoltre, una piacevole sorpresa: il sole. 
Due elementi sufficienti, l'aumento dell'adipe e la presenza del sole, che ci hanno portato a scegliere di impegnare la giornata con un sano giretto in moto. Non ho preparato itinerari o piantina, sono andato "a naso", puntando sul Parco del Delta. 
E' caldo. Il termometro digitale della Futura mi indica ben 9 gradi. Per velocizzare l'avvicinamento alla zona del Delta del Po utilizziamo la Statale Romea. Nei giorni precedenti è piovuto moltissimo. Occorre fare attenzione a moltissime buche che rovinano il nastro d'asfalto. 
Arriviamo nei pressi di Mesola e svoltiamo in direzione del "Gran Bosco della Mesola". Probabilmente il boscone è anche molto bello, purtroppo nel giorno di S. Stefano, i cancelli sono irrimediabilmente chiusi. Poco male, andremo per paesi. Ci dirigiamo quindi a Goro. Siamo già dentro il delta del Po. Sono riconoscibili le possenti opere dell'uomo, che nei secoli hanno costruito canali, strade e ponti, idrovore e chiuse, bonificando questo territorio e rendendolo vivibile e produttivo. Dal panorama piatto a perdita d'occhio spuntano solo i rari alberi, qualche campanile di paesi all'orizzonte, i tetti degli ampi casoni. 

  Raggiungiamo Goro, un paese di pescatori che deve l'esistenza della sua economia alla pesca e all'allevamento dei mitili. Se il paese, in sè, non ha molto da dire, merita invece una breve visita il porticciolo. Non ci sono i potenti motoscafi e gli agili velieri che si trovano nei porti turistici di Marina di Ravenna o di Rimini. Qui ci sono solo pescherecci, che in qualche caso contano molti e molti strati di vernice sul fasciame. 

Da Goro ci portiamo a Gorino, altro porto di pescherecci e altro paese che, in quanto architettura o memoria storica, non può certo dire molto. Ma è questa una costante del Delta: le piccole opere dell'uomo sono umili e concrete, senza fronzoli. Lo spettacolo ed i colori li fornisce la natura. Lo spettacolo di migliaia di aironi, martin pescatore, banali gabbiani. I colori della laguna, del mare, delle canne mosse dal vento. 
Non ho ancora trovato il modo di montare il GPS sulla Futura, e non ho ancora la borsa da serbatoio per poter tenere a vista una piantina. Vado a memoria e mi godo ogni strada asfaltata. Poi la strada finisce su un argine, in uno sterrato. E io faccio inversione. Non ho fretta, è festa, devo smaltire il pandoro. Claudia cerca di farmi fermare per fotografare ogni airone, che immancabilmente fugge all'apparire della macchina fotografica. 
Nei pressi di Gorino trovo un ponte di barche. Mi sono sempre piaciuti i ponti di legno. E' esaltante sentire le vibrazioni ed il rumore prodotto dalle assi che scricchiolano e si muovono. Troppo facile percorere a 130 all'ora i viadotti in cemento armato asfaltati. I ponti di barche hanno giunture in metallo, assi sconnesse. Il limite è 5 chilometri all'ora. Cento metri che rimangono in memoria: suoni, vibrazioni, attenzione. Il pedaggio è irrisorio. 
Dall'altra parte del Ponte di Barche troviamo uno strano agglomerato di case: Gorino Sullam. Sui muri di molte case la scritta "Condominio Gorino Sullam". Probabilmente una cooperativa che ha compiuto la bonifica e ha costruito anche gli alloggi per chi avrà poi dovuto lavorare in quelle terre. Archeologia cooperativa... 
Siamo alla Bocca del Po di Goro. Di fronte a noi l'Isola dell'Amore, con il famoso faro. Spengo il biciclindrico. Non si sentono rumori creati dall'uomo. Il vento, i richiami degli uccelli, qualche ramo che scricchiola piegato dalla corrente del fiume. Bellissimo. Sembra impossibile essere a poco più di un'ora di viaggio da casa! 
Troviamo un altro ponte di barche che ci fa attraversare il Po di Gnocca: vogliamo raggiungere la Sacca degli Scardovari. Il custode non ci fa pagare. Non ho guardato se fosse previsto il transito gratuito per le moto oppure si sia trattato di un omaggio di S. Stefano: comunque grazie e auguri! 
Passiamo San Giulia ed eccoci alla Sacca degli Scardovari: è una grande insenatura di acqua marina protetta da un'invisibile fascia sabbiosa. Il luogo ideale per gli allevamenti di mitili. Infatti sono centinaia gli insediamenti del genere, tutti immancabilmente dotati di un capanno du palafitte e barchetta di servizio legata a riva. 
La strada, ben tenuta e anche dotata di qualche curva ammazza-noia, costeggia tutta la sacca. Si tratta di un'opera realizzata con la bonifica del 1912, troviamo spiegato in alcuni cartelli posizioniati dall'Ente Parco del Delta. Troviamo anche una torre da avvistamento, in legno, a disposizione dei turisti e dei fotografi: vinco le mie vertigini e ne approfitto anch'io!!! 
Incrociamo anche qualche moto. 

Una Suzuki GSX-R ci saluta. Pochi minuti dopo ci supera. Poi ce la troviamo ferma poco più avanti: con il pilota che ci fa cenno di fermarci. "Come va la Futura??? Sono andato a trattarla dal concessionario Aprilia, ma non conosco nessuno che ce l'abbia, allora mi son fatto coraggio e ti ho fermato per chiederti informazioni e pareri...". E' il bello del motociclismo... 
Mezz'ora di chiacchiere con uno sconosciuto. Il consiglio di arrivare fino al porticciolo turistico di Barricata e poi di tornare indietro: in questi giorni l'acqua è molto alta, e alcune strade sono state quasi allagate dall'acqua salmastra "non vorrai mica viaggiare nell'acqua salata con una moto così?" mi sgrida in anticipo. 
Il pomeriggio sta avviandosi all'imbrunire. Nonostante l'alta temperatura (quanti moscerini in dicembre, non mi sari mai aspettato di vederne così tanti) è ora di rientrare. Ci dirigiamo senza dubbi sulla "Romea" e verso il traffico della giornata festiva. 
La moto ci ha regalato anche oggi sensazioni uniche e un S.Stefano non banale e da ricordare!

domenica 15 dicembre 2002

Seconda 'pinguinata' per la Futura

Sabato mattina (14 dicembre...) mi sono svegliato con un mucchio di cose da fare. Un po' di spesa, il barbiere, sistemare (provarci, seguendo le istruzioni di Goldino) il computer di casa... però c'era il sole. E nella notte un commilitone del B.E.R. (evidentemente meteropatico) che mi aveva inviato un SMS: "domani giretto in moto?".
Dopo una settimana di freddo, pioggia e, non molto lontano neve... al diavolo i lavoretti :-D
Il buon Kolonnello ha la bontà d'animo di invitare a fare un giretto anche chi è sprovvisto di bauletto (caro il mio Tosco Figuro, impari bene cosa significa essere NON razzisti)... d'altronde però lui è addirittura senza moto :-)
Raggiungo Rafagas a casa sua, poi direzione appennino! Passiamo a pochi km da Savigno, ma Max risulta essere irrintracciabile al telefonino, poi via, verso Castel D'Aiano. La strada è ancora bagnata. Tra Castel D'Aiano e Gaggio Montano c'è la neve ai bordi della strada e sui tetti. Un piccolo laghetto si sta sgelando. Oggi non è freddo, ma nei giorni scorsi, qui, lo deve essere stato.
Poche le moto in giro. Effettivamente gli amanti della piega non si divertiranno. Oltre all'acqua, anche sale e terriccio a volontà rendono scivolose tutte le curve.
La Triumph fa da battistrada, io mi godo il panorama e mi inzacchero per bene... lavoretto in più per domattina... bagnetto alla Futura!
A Gaggio Montano la meritata sosta. Un'avvenente barista (dubbiosi: beh, non c'eravate. Quindi peggio per voi) ci scalda per bene piade e crescentine vergognosamnte farcite. Il Verduzzo e il Bianco di Custoza scaldano i poveri motociclisti infreddoliti. Marco vuole rimanere leggero ed evita il caffè... si sbaferà solo una manciata di Lindt Lindor (tanto sono di cioccolato fondente, dice lui. Angela, una santa, non lo picchia con il casco e sopporta).
La sosta è comunque breve. Sprecare cotanto sole?
Andiamo a prendere la Porrettana, dice il Kolonnello. E mi porta a percorrere una serie di tornanti sterrati per manutenzione. Beh, cos'è un allenamento in vista di un acquisto... enduroso????
Sulla Porrettana il traffico è consistente. Troviamo anche qualche banda di smanettoni. Marco si ricorda di aver dietro il povero Gattostanco (che Futura o no rimarrà sempre un Fermone) e li lascia andare.
I saluti. Rafags e Angela si fermano a Calderara di Reno. Io me ne torno a casa evitando con attenzione Tangenziale e Sardostrada. Arrivo a casa che è già buio. Ma è stata una giornata meravigliosa. Dopo tanto lavoro, pioggia e routine quotidiana, devo ammettere che la moto è veramente in grado di farti rinascere. Non c'è freddo che tenga, intirizzimento alle mani, il vento che ti arrossa gli occhi: macchisenefrega! Queste sono le piccole gioie che vanno centellinate, assaporate e riposte tra i ricordi più cari.

domenica 1 dicembre 2002

Prima "pinguinata" per la Futura

Bertinoro 
Domenica 1 dicembre. La concomitanza cena-con-amici-tiratardi il sabato sera e arrivo-di-parenti-la-sera mi costringono a disertare IRI-PreNatal nel "lerneriano profondo nord", con mio dispiacere ma con un sospiro di sollievo del malconcio conto in banca... 
Tra venerdì e sabato ho lanciato in lista un appello ai "pinguini" locali, per un'eventuale girello curvoso fino al Viamaggio o al Muraglione e l'unica risposta è stata quella di un gruppo di sardomobilisti ravennati (finti motociclisti...) che si sarebbe trovato a Sansepolcro per un pranzo in osteria. Vabbè, meglio che niente, e poi l'importante è fare dei chilometri per conoscere meglio la mia prima moto italiana :-) Veloce lavaggio per "Black Magic" (inzaccherata dal giretto bagnato fin dallo spacciatore-MotoActionImola, sabato mattina) e poi la porto subito in rotta per il Viamagggio. Sulla E45, prima di Sarsina, il cielo diventa nerissimo e la pioggia pare certa. 
Abbandono quindi il proposito di raggiungere i sardomobilisti e comincio un lungo "rimpiattino" con il maltempo, portandomi prima a Bertinoro poi sulla strada per la Calla. 
Il mio "spirito di motopiadinista" mi impone una fermata per un'ottima piada con salsiccia (e bicchierone di sangiovese) a Cusercoli, poi, ritemprati dal nettare di Bacco (siamo a 200 metri dal podere dei Nespoli!!!): perchè non salire al Passo della Calla???? 
Per chi non lo conoscesse (cosa vi perdete!!!) è, anche in agosto, il passo più freddo degli appennini, non solo per l'altezza (siamo solo sui 1400/1500 metri), ma per la conformazione della valle, dalla ventosità e dall'ombreggiatura fornita delle Foreste Casentinesi. 
Passo della Calla
La Futura mi sta (finalmente) insegnando a "fare" i tornanti. Il bicilindrico di Noale frulla sornione garantendo una meravigliosa coppia che permette di inanellare curve e controcurve senza mai cambiare, giocando solo con la notevole potenza del motore e lo splendido comando dell'accelleratore. 
Claudia comincia ad abituarsi alla nuova posizione di gui... ehm, di zavorra, mentre i miei polsi, invece, continuano a lamentarsi dei semimanubri e rimpiangere il manubrione del TDM. Il cupolino della Futura ha eliminato qualsiasi vortice e vibrazione sul casco, ma la protezione, però, è molto più limitata. In velocità la visiera si sporca molto di più, e i giganteschi Vemar apribili lasciano purtroppo entrare moltissima aria da sotto la mentoniera, aria che, d'inverno, va a raffreddare e ad arrossare gli occhi... che sia ora di provare gli Schubert??? 
Lasciamo Corniolo con ancora 10 gradi centigradi. Commuto la misurazione della benzina con l'indicazione permanente della temperatura dell'aria esterna... che comincia a scendere. A Campigna siamo a quattro gradi! Prima del Passo l'indicatore digitale della Futura comincia a lampeggiare: 3 gradi. In cima, in mezzo ad una gelida nuvola, ci sono due gradi. E non ci sono i grupponi di motociclanti che si incontrano lì ogni domenica (in estate): ci sono solo due pinguini che hanno portato lì una moto nuova, il primo dicembre, per farle capire che, con il Gatto, non ci sarà riposo invernale... perchè anche l'inverno è bello, su due ruote!!!

lunedì 18 novembre 2002

Moto: è il turno di black magic. Prime impressioni...


Visto che il tempo teneva Claudia ed io abbiamo provato Black Magic fino al Muraglione, poi ci siamo mossi in direzione Castocaro, Predappio Alta, Predappio, Meldola (ti dicono niente, Aldo, i tornanti della Predappio - Rocca delle Caminate - Meldola????).
La Futura, da guidare è entusiasmante (tanto io andrò piano anche con questa...) e non mi sembra "difficile" neppure sui tornanti secchi (tanto anche il TDM era un po' "vuoto" sotto i 3000 giri), perchè il baricentro basso e la potenza e la coppia del motore ti portano via da qualsiasi impaccio, senza esitazioni e strappi!!!
La frizione è meravigliosa in confronto al TDM...

"Per tornanti" i polsi mi si sono un po' indolenziti (soprattutto si soffrono gli asfalti sconnessi), e un po' ci si stanca (beh, abituato alla regale sistemazione del TDM), ma il passeggero mi sembra abbia retto bene alla prima uscita (d'altronde più che una sella pare una poltrona!).
Vi saprò dire quando avrò un po' più di tempo per un "giretto serio" e senza minaccia di pioggia e strade sporche e umide :-)

Sicuramente il 1000 Aprilia, invece, non gradisce la città... borbottii, tendenza a spegnersi. E' un po' realcitrante, insomma. 
Ma al di là di questo, l'aspetto che mi spaventa di più è la comodità di utilizzo nel "tutti i giorni". Aprilia vieta espressamente di montare il bauletto. Se in un viaggio si può farne a meno e utilizzare il borsone impermeabile "stile IRI", nell'utilizzo giornaliero o per andare al mare evitando problemi di parcheggio d'estate... beh, l'utilizzo delle due borse laterali è scomodo! E i caschi modulari non ci stanno...

L'amore per la "bella" Sport Touring sopravviverà alla routine???

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ELOGIO DEL TDM 

(16/11/2002) Ho acquistato il mio TDM 850 nel marzo dello scorso anno. Ero entrato in concessionaria per prenotare il tagliando della mia Fazerina. Bighellonando in attesa di interloquire con il meccanico ho visto un TDM nuovo, ma con i colori e le dotazioni di un paio di anni prima (1998), nel reparto usato: in effetti era un usato tenuto-come-nuovo-da-un-motociclista-da-bar.
Era un TDM bellissimo ma triste: non aveva mai portato nè borse nè bauletto. Non era mai uscito dai confini del Libero Stato di Romagna. Non aveva mai conosciuto i brividi di freddo e le stilettate pungenti del sale sparso sul ghiaccio di gennaio. In quasi tre anni solo 8.800 chilometri!

Da quel freddo giorno di marzo 2001, il mio TDM, ha percorso altri 30.000 chilometri.
Ha raggiunto per due volte il Traforo del Monte Bianco, nel giorno della commozione e del ricordo che il C.M. dedica a Pierlucio Tinazzi, "Spadino".
Mi ha portato tutti i giorni d'estate sulle sabbie dell'Adriatico, odiando fortemente gli sciami di sputerini che, come zanzare affamate, vorticano assurdamente attorno alle moto vere.
Ha conosciuto la grandine sull'AutoBrennero. Ha conosciuto e attraversato i confini di Slovenia, Austria, Svizzera e Francia.Ha valicato oltre 70 passi diversi tra Alpi e Appennini (40 solo nel GrandTour delle Alpi nel settembre scorso).
Ha sopportato stoicamente la corrosione del sale anti-ghiaccio che, per stupidità mia, gli è rimasto addosso per troppi giorni dopo la Motopancetta del 6 gennaio.
Non si è mai fermato senza che io non avessi "girato la chiave".

Certo, adesso non è più un TDM usato tenuto-come-nuovo: le pedane in gomma si sono consumate e lasciano intravedere il metallo. La pelle ispida e resistente degli Alpinestar ha "sabbiato" un po' la verniciatura del telaio e del codone in prossimità delle pedane di pilota e passeggero. Ma è ancora una bella moto!
Perchè queste poche ma pedanti parole? Perchè sono rimasto incredibilmente colpito da quanto tenga il mercato un modello "lanciato" nel lontano 1996 e già sostituito dal 900 a iniezione!

Un anonimo sabato pomeriggio di qualche settimana fa, Claudia ed io ci siamo fatti un giretto fino a Rimini, e da perfetti patiti della moto, ci siamo fermati ad ammirare anche la vetrina di un concessionario Aprilia (TOSI). C'erano una Caponord ed una Futura appena appena rientrate, e, quasi per gioco, mi sono messo a trattare... beh, un TDM 850, pur se "vissuto" come il mio, era ancora un assegno circolare!
Alla faccia del tempo che passa. Dei modelli che cambiano, dell'iniezione che-senza-non-si-può!
In effetti mi ero già accorto che tutti i TDM, forse rientrati un po' troppo in fretta appena uscito il 900, erano spariti rapidamente dalle vetrine dell'usato... ma sono rimasto piacevolmente soddisfatto. 
Il TDM meritava almeno questo saluto, come lo meritano tutti gli amici incontrati durante l'avventura in TDMitaliaML.

Adesso è ora di Black Magic. Non so ancora cosa scrivere, ho fatto 200 chilometri e, siceramente, è una moto molto diversa. E a mio parere bellissima.
Qui sotto ci sono le prime foto... poi ha iniziato a piovere :-( 


Lamps, Gattostanco

mercoledì 13 novembre 2002

Limitazioni del traffico e utilizzo delle due ruote a motore

Il Coordinamento Motociclisti ha scritto, in data 13 novembre, al Presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani e a tutti i sindaci dei comuni interessati alle limitazioni alla circolazione dell'Operazione "Liberiamo l'aria" (targhe alterne e divieti i giovedì e le domeniche).
Questo il testo della lettera avente per oggetto: Operazione "Liberiamo l'aria" e utilizzo delle "due ruote":

Abbiamo preso visione di quanto fissato dall'Accordo di programma dell'iniziativa "Liberiamo l'aria" e siamo, con la presente, a sottoporre alla Vostra attenzione alcune brevi riflessioni che riguardano migliaia di utilizzatori delle "due ruote" a motore.

1) utilizzo della moto o del ciclomotore in città.
Non possiamo non rilevare come le prescrizioni dell'Accordo siano estremamente punitive per moto ed ciclomotori: mentre le autovetture non catalizzate e non eco-diesel infatti possono, munite di "bollino blu", circolare a targhe alterne, i ciclomotori a due tempi non hanno scampo. Eppure l'utilizzo dei ciclomotori rende sicuramente più fluido il traffico.
Annulla il tempo di attesa e di inutile circolazione alla ricerca di un parcheggio, nellendo le code. Un elevato utilizzo delle due ruote, quindi, riduce sostanzialmente il numero degli autoveicoli contemporaneamente sulle strade, garantendo minor tempo di percorrenza e riduzione dell'inquinamento complessivo.

Si deve inoltre considerare che:
1. al momento, il controllo periodico dei gas di scarico ("bollino blu") per moto e ciclomotori non è regolamentato, né è possibile prevedere quando lo sarà, dato che le attuali norme comunitarie non ne consentono l'attuazione a cui fare riferimento;
2. per gli autoveicoli, da oltre dieci anni le procedure di omologazione stabiliscono i limiti massimi di emissione allo scarico: questo lasso di tempo, unitamente alle recenti campagne governative di sostegno all'acquisto di auto nuove, ha consentito il rinnovo di oltre i 2/3 del parco circolante. Per le moto ed i ciclomotori le cose stanno diversamente, in quanto solo a partire da giugno '99 l'omologazione di tali mezzi prevede dei limiti massimi per quanto riguarda i gas di scarico. Nel breve periodo trascorso non è certamente stato possibile un rinnovamento del parco circolante in misura paragonabile a quello delle autovetture.
3. In considerazione del numero di mezzi circolanti e dei brevi tempi di percorrenza (e quindi di funzionamento), si può ritenere che l'effettivo impatto ambientale delle moto e dei ciclomotori, indipendentemente dal tipo di motore e di omologazione, sia di scarsa rilevanza ai fini del successo della campagna in oggetto;
4. Infine, qualunque limitazione alla circolazione di moto e ciclomotori avrebbe, con molta probabilità, l'effetto di riportare ? ove possibile - i loro utilizzatori abituali all'uso dell'automobile, con maggiori consumi di carburante, maggior ingombro delle strade e tempi di percorrenza (e di funzionamento del motore) più lunghi.

2) utilizzo dei motoveicoli per turismo 
I motociclisti utilizzano la moto anche d'inverno. Tassa di proprietà e assicurazione sono balzelli pesanti, ma nulla appaga di più l'appassionato che poter contare su un fine settimana con la propria moto. Dover "uscire" dalla zona vietata prima delle 8,30 oppure dover rientrare dopo le 19,30 sono condizioni, d'inverno, veramente punitive e anche pericolose per la sicurezza dei motociclisti.
Notiamo, inoltre, che se con le autovetture è possibile organizzarsi in "car pooling", con la moto (che, avendo due posti, è sempre occupata almeno al 50%) questo non è materialmente possibile.

Per queste ragioni quindi, il Coordinamento Motociclisti Vi chiede di consentire la libera circolazione delle moto e dei ciclomotori dal lunedì al sabato; la domenica, di autorizzare il transito di moto e ciclomotori fino alle 10 e dalle 18.

Rimanendo a disposizione per qualsiasi informazione e chiarimento, cogliamo l'occasione per porgere i nostri più distinti saluti.

Il Presidente Nazionale del Coordinamento Motociclisti
Riccardo Forte

lunedì 21 ottobre 2002

Quei cavalieri solitari che scelgono la moto - Giuseppe Turani su 'La Repubblica'

Vorrei segnalare ai miei quattro scornacchiati lettori, un bell'articolo di Giuseppe Turani sullo 'Speciale Motori' di Repubblica del 21 ottobre 2002:

QUEI CAVALIERI SOLITARI CHE SCELGONO SOLO LA MOTO 
di Giuseppe Turani (La Repubblica Speciale Motori)

C'è, clandestino e poco studiato, un boom della moto. 
Per rendersene conto, da Milano, basta andare alla domenica nelle valli a Sud, Oltrepò, Val Tidone, Val Trebbia, Val Nure, e si vedranno colonne di motociclisti impegnati a risalire le valli, dalle quali scenderanno poi nel pomeriggio. 
Tutti questi viaggi non hanno, ovviamente, alcuno scopo, se non appunto il viaggio. 
E qui c'è una delle chiavi del boom della moto: ci si può divertire. 
Se uno compra una Porsche da 260 milioni, poi alla fine si ritroverà comunque in colonna insieme alle Golf e alle Punto (magari persino vicino a una Stilo). Se invece si compra una Ducati, una Yamaha Fazer o una Honda Hornet alla domenica potrà lanciarsi su per le valli, smanettare un po' e godersi il suo mezzo. 
Ma non si tratta solo di questo. Con una moto si sa di appartenere a una comunità. 
Non ci sono tessere, non ci sono iscrizioni, ma c'è la comunità. 
Un motociclista è, per definizione, un cavaliere solitario. Ma basta avere un incidente o un guasto perché nel giro di pochi minuti dal nulla sbuchino cinque, dieci altri motociclisti tutti pronti a dare una mano, a procurare un pezzo di ricambio, a fornire una chiave del 14, un cavo della frizione o qualunque altra cosa sia necessaria per rimettere il cavaliere in sella. 
Basta fermarsi a un bar, dove sono parcheggiate un paio di moto e si sa che dentro si troveranno amici pronti a dare una mano. Insomma, mentre l'automobilista è (per ogni altro automobilista) un nemico e un concorrente (è quello che va piano e non ti lascia superare, è quello che ti frega il parcheggio), i motociclisti sono una delle ultime comunità informali esistenti. 
Li sorregge appunto il fatto di essere dei cavalieri solitari e anche un po' retrò, che invece di girare dentro comode berline con aria condizionata e telefonino, si avventurano in sella a mezzi rumorosi e privi di ogni comfort, impegnati non in tornei, ma impegnati a macinare tornanti su tornanti, solo per il gusto di farlo e di farlo bene.
Infine, c'è anche la questione che girare in Porsche o in Ferrari costa cifre assolutamente proibitive, mentre con le moto si può stare ai vertici spendendo cifre ragionevoli (anche se per certi modelli veramente super si sfiorano i 50 mila euro). Ma anche con appena 1520 mila euro si può salire in sella a destrieri di tutto rispetto.
Il boom della moto è figlio, dunque, di due fenomeni che appaiono in contrasto, ma non lo sono: il gusto del viaggio solitario, avventuroso, accompagnato dalla consapevolezza di fare parte di una collettività, quella appunto dei cavalieri solitari.
Il boom delle moto, almeno qui in Italia, non è naturalmente generale. I motorini, ormai, non interessano più a nessuno, nemmeno ai ragazzini. Sono usati solo dai tipi veramente snob e eleganti per girare in città (come il banchiere nostro amico che gira con un suo Garelli d'annata o come una nostra amica pubblicitaria che fa altrettanto, ma con la cuffia del telefonino sotto il casco). Gli scooteroni (che ormai sono vere e proprie automobili, nelle dimensioni e nel comfort) interessano sempre meno. Probabilmente perché hanno saturato il mercato.
Il boom, quindi, riguarda propriamente le maximoto, dai 600 cc di cilindrata in su. Qui si può trovare di tutto: dalle moto da 8 mila euro a quelle da 20 mila, escludendo i fenomeni da 304050 mila euro. Ma, insomma, oggi si ritiene che una moto "giusta" per fare una bella corsa da Milano al Monte Penice e ritorno debba essere almeno o una 600 spinta o una mille. Molti hanno preso l'abitudine di girare con questi mezzi anche in città, dove stanno poi parcheggiati in grandi schiere (difficile trovare una moto isolata: stanno tutte insieme, sempre per via di quella storia della comunità).
Come in tutte le comunità, infine, ci sono gli accessori: quello stivale, quel casco (adesso va di moda lo Schumacher, che in realtà si chiama Schubert, il pilota Ferrari lo ha solo adottato, con visiera parasole incorporata), quel giubbino, quei pantaloni o, per i più gasati, quella tuta completa, magari in pelle. Anche qui, ovviamente, c'è qualche piccola snobberia. Il vero motociclista, quello non improvvisato, lo riconosci perché di nuovo, a parte la moto e il casco (si punta sempre sull'ultimo modello), non ha quasi niente. È tutto, dal giubbino alle scarpe, un po' usato, un po' consumato dal vento, dall'acqua, dall'olio e dall'asfalto.

sabato 7 settembre 2002

Il Grand Tour delle Alpi 2002 - day 8

7 settembre 2002. GiornoOtto. il rientro.
Lasciamo Sospel finalmente con il sole. Dobbiamo affrontare l'ultimo colle, che ci porterà in vista del Mediterraneo e di Mentone. E il Col de Castillon. Mi par di ricordare sotto ai 1000 metri di altitudine. Siamo circondati dagli ulivi.
Sospel 
Col de Castillon
La strada non è neppure male, ma ormai le Alpi vere e proprie sono solo un ricordo.
Vediamo la fine di un'avventura che sognavo da oltre un anno, quando due giorni di neve, vento e freddo sulla Svizzera, mi avevano "consigliato"di "svernare"sul Garda.

Il TDM frulla sornione, non ho proprio voglia di scendere gli ultimi tornanti che mi porteranno a Mentone. Men che meno infilarmi in autostrada e pensare che il mio "grand tour delle Alpi" è ormai cosa del passato. Eppure devo.
Per fortuna ho un nuovo (più facile e vicino) obiettivo: il biker-matrimonio di Davide e Barbara (ma questa è un'altra avventura che non starò a raccontare qui...). 
Sotto il casco continuo a sorridere, anche nella stupida autostrada Ventimiglia-Genova: ragazzi, arrivo a Casaleggio Boiro, per il vostro bikermatrimonio... DIRETTAMENTE DALLA SLOVENIA!!!!
Sono piccole cose, banali e facili avventure, soddisfazioni da poco che, alla soglia dei quarant'anni, forse dovrebbero essere accantonate... ma ho ancora tante strade da scoprire, e tante da ripercorrere!
Per la cronaca (e solo per un corretto computo dei passi affrontati e dei chilometri percorsi) siamo rientrati a Ravenna il giorno dopo, valicando il Passo dei Giovi, il Passo del Bracco e la Cisa fino a Parma. Poi, purtroppo, autostrada fino a casa. 
La mappa del giro completo: 3250 chilometri
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Consigli utili.

Dollach/Grosskircheim:
Fruhstuckpension Haus Kahn - Dollach 73 - Tel/Fax: +43(4825)230
"La pensione Kahn (certamente non recente nel mobilio o nelle dotazioni) è tenuta benissimo. La gentilezza di Frau Gertrude è fantastica. La colazione sfamerebbe una compagnia di KaiserJaeger. Il giardino è attiguo alla stalla, dove vive (benino, mi pare) anche un simpatico pony a disposizione dei piccoli ospiti..."


Dollach/Grosskircheim:
Ristorante Hotel Post - Dollach 83 - Tel. +43(4825) 205 19
"spezzatino di Bambi con canederli di pane, fagiolini arrotolati e scottati nello speck, uva, funghi e marmellata di mirtilli. Claudia apprezza un Wiener Tafelspitz. Poi il dolce: due splendidi strudel affogati nella crema di vaniglia calda. Aggiungete un ottimo mezzo litro di vernatsch locale, due caffè e due grappe e avrete un conto di 42,50 euro... si può chiedere di meglio? "


Livigno
Bar Pizzeria La Grolla Via Plan - Tel 0342 996916
Un semplice Ristorante/Pizzeria, ma i pizzoccheri sono ottimi, l'ambiente cordiale, si spende poco e qualche torta si lascia mangiare...

Ulrichen
Un caldo consiglio per i viaggiatori:il Biker Point Hotel Astoria è una tappa ben attrezzata e molto cordiale Hotel Ristorante Astoria (Biker Point) - Tel. 0279731235 - Fax 0279733484 - www.astoria-obergoms.ch
Per 59 Franchi Svizzeri a testa, oltre la colazione, è compresa anche l'utilizzo della sala riscaldata per l'asciugatura delle antipioggia e dell'attrezzatura, nonchè di un caldo e attrezzato garage. La camera è ottima, moderna, pulita, spaziosa. Veramente un ottimo Biker Point!


Les Gets
Ristorante Pub Les Copeaux - 74 Les Gets
Ah, les Tartiflettes!!! Dopo una dura giornata in moto ordiniamo due tartiflette al Ristorantino Les Copeaux...


Sospel
Ristorante Sout'a Laupia - 13, rue Saint-Pierre - Tel. 04 93 04 24 23
Sito proprio nelle strette viuzze del centro storico, il "Sout'a Laupia" è una bomboniera di locale: al piano terra sei o sette tavoli, con luce soffusa, le canzoni di Paolo Conte in sottofondo e un mobile bar più piccolo di quello della mia tavernetta. In cucina (al piano di sopra, collegata con un minuscolo montacarichi) il cuoco!


Per tutto il viaggio... GPS Garmin E-Map
Utile in ogni condizione (per proteggerlo dagli acquazzoni basta un sacchetto-gelo della Cuki), ha reso molto più agevole seguire l'itinerario preparato, con cura, a casa. Bisogna prestare un po' di attenzione quando ci si trova a scegliere la strada da prendere in presenza di rampe e di svincoli sopraelevati e complessi.

venerdì 6 settembre 2002

Il Grand Tour delle Alpi 2002 - day 7

6 settembre 2002. GiornoSette. verso il sud.
Non piove. Questa è la notzia del giorno! Rientriamo a Briancon sulla Route des Grandes Alpes e ci dirigiamo al Col del l'Izoard.
Briancon 
La strada, come sempre, è ottima (a parte qualche tratto in quota). Non piove, ma fa freddo, e le nuvole non hanno certamente voglia di abbandonarci proprio ora, alla fine del viaggio!
Col del l'Izoard
Splendida, la RdGA fino a Vars. Vars, stazione di sport invernali, è un orrore degno dei nostri "palazzinari" degli anni sessanta. All'Ufficio del Turismo, però, un'impiegata gentilissima (adorabile: fa pure finta di apprezzare il mio francese scolastico di venticinque anni fa...) va a cercare in archivio e trova del materiale sulla "Route" stampato e distribuito qualche anno fa. Peccato che pare non ci puntino più molto: a mio parere potrebbe diventare un itinerario classico del motociclismo, non solo dei patiti del pedale.


Scendiamo fino a Jausiers e affrontiamo il Col de la Bonnette "La strada più alta d'Europa", è scritto in moltissimi cartelli lungo la via. Grandeur francese!
Strada di montagna. Guidi sapendo che in cima troverai le nuvole ed il nevischio. Meglio. Più avventuroso! Qualche tratto è appena asfaltato: sono pazzi. Tra un po' tutto sarà di nuovo coperto dalla neve: a che pro?
Col de la Bonnette 

La cima, immersa in una fredda e bagnata nebbia e nel nevischio, diventa poco più che un sentiero delimitato da un muretto di stabilizzato. La strada che porta fino alla sommità (dopo la svolta che porta verso Nizza) è sterrata, e giunti al monumento sommitale occorre girare la moto e tornare indietro alla svolta di cui accennavo poc'anzi.
Scattiamo anche noi la foto-ricordo vicino al monumento, assieme a qualche ciclista: in fondo è stata un'avventura anche per noi.
Scendendo incontriamo i resti del forte dei "diavoli blu", il battaglione di montagna che viveva e si addestrava in quota tutto l'anno. Con circospezione arriviamo a St. Etienne de Tinee (strada molto brutta, l'asfalto è molto rovinato), dove ci facciamo spennare al Bar dell'Hotel Chalet (evitatelo accuratamente: 17 Euro per due panini, 1/2 di vino e 1/2 d'acqua, due caffè, il tutto condito da una certa mancanza d'igiene)... ma in fondo anche gli imprevisti fanno parte del gioco delle cose da raccontare: cosa avrei potuto dirvi di un anonimo e piccolo borghetto di montagna?
Salto scioccamente un distributore automatizzato (in molti paesini non c'è un distributore di benzina con presenza umana, ma solo un piccolo piazzale con le tre pompe a self service: mi pare un'idea niente male): e comincio a portarmi verso il Col di St. Martin... 
Col di St. Martin
inizio a chiedermi dove trovare un rifornimento: invece trovo addirittura un distributore e addetto umano! Il Col St. Martin è bello da raggiungere (strada in mezzo ai boschi), ma quando arrivi alla sommità ci trovi tre orridi palazzoni con pizzerie, pista per Quad e tristissimi negozi, ovviamente chiusi, per il noleggio delle attrezzature invernali. L'inciviltà, qui, ha colpito duro.

Riprendiamo in fretta la strada: voglio vedere il Turini
Non scherzano mica i tornanti del colle più famoso del rallysmo mondiale! Nonostante le quote siano ormai molto modeste (1600 metri) i tornanti sono secchi e decisi... e tanti.
E' una lunga discesa (oltre 25 chilometri, mi par di ricordare) che portano a Sospel, nostra ultima meta in terra francese, dove abbiamo deciso di pernottare. 25 chilometri lontano da qualsiasi presenza umana: noi, la nostra moto, la strada, il vento, le rocce e gli alberi. 
Null'altro. Traffico nullo. Qualche altro motard con cui ci sorpassiamo più volte al giorno... siamo sulla stessa rotta, ma ognuno a le sue soste, le sue foto, i suoi rallentamenti. E ogni volta è un saluto e un sorriso. Bello!

Bello come Sospel. E' una cittadina antica, lo si vede dalle ferite che il tempo ha regalato ai suoi vecchi palazzi del centro. Ha un certo fascino, comunque, con il fiume che scorre pigro nel suo abitato, con i bar ed i ristoranti che hanno steso tavoli e sedie sul lungo fiume.
Vediamo che l'Hotel de 'Etrangeres ha un garages per gli ospiti (scopriremo poi essere a pagamento). L'Hotel ha sicuramente visto tempi migliori, peccato, perché avrebbe fascino da vendere, invece si rivela sporco e tenuto male. E caro. Chi volesse fermarsi a Sospel può tentare in qualche altro albergo.

Troviamo invece, per cena, un piccolo meraviglioso ristorantino. Sito proprio nelle strette viuzze del centro storico, il "Sout'a Laupia" è una bomboniera di locale: al piano terra sei o sette tavoli, con luce soffusa, le canzoni di Paolo Conte in sottofondo e un mobile bar più piccolo di quello della mia tavernetta. In cucina (al piano di sopra, collegata con un minuscolo montacarichi) il cuoco!
Beh, la delicatissima omlette sospellese (alla pasta di olive) va subito tra le "leccornie-hits", la degustazione di formaggi della zona era splendida, i dessert indimenticabili. Ottimo il Savignon Blanc. Caffè e grappa? Beh, almeno a fare un caffè basso ci ha provato... 56 Euro ben spesi.



giovedì 5 settembre 2002

Il Grand Tour delle Alpi 2002 - day 6

5 settembre 2002. GiornoSei. la neve sul Galibier.

Partenza alle nove e trenta da Les Gets. C'è il sole, ma ovviamente dura poco. Saliamo il Col de la Colombiere superando decine di ciclisti. Il paesaggio si fa subito aspro. Sono molto belli e caratteristici anche i piccoli borghi toccati dalla Route des Grandes Alpes
...sono le strade deTour!
Col de la Colombiere
Dopo La Clusaz tocca al Col de Aravis, dove il verde dei pascoli riprende il sopravvento sul duro colore della roccia.
Col de Aravis
Purtroppo ricomincia a piovere: sarà dura, per la mia fotografa ufficiale, portare a casa degli scatti decenti!
La RdGA ci porta ora ad affrontare direttamente il Cormet de Roselend, ma noi vogliamo utilizzare una piccola provinciale che ci conduce a Hauteluce, un pittoresco e minuscolo borghetto con una splendida vista sul Monte Bianco: è da lì che affrontiamo la salita per una delle parti più belle e selvagge della Route.
"Il Cormet de Roselend è bellissimo" trovo scritto a penna negli appunti che scrivo la sera per non dimenticare le cose più importanti. Come è bellissimo il lago de Roselend che precede di poche centinaia di metri la cima e che ospita addirittura un circolo nautico... 
La natura si fa sempre più aspra, i pascoli non sono più i verdi tappeti "made in Austria": qui l'uomo (e i suoi animali) devono strappare alla roccia la terra per sfamare le greggi e le mandrie!
I rifugi lungo la strada sono molto meno attrezzati che in Austria o in Svizzera, ma un Sandwich (mezza baguette farcita con jambon e fromage) resta sempre un sano pranzetto.
IMonte Bianco visto da Hauteluce
Cormet de Roselend
Cormet de Roselend
Scendiamo dal Cormet de Roselend verso la Val d'Isere. Per quanto è bella la strada, per quanto iniziano ad essere orrende le immense moderne costruzioni delle stazioni invernali.
Affrontiamo l'Iseran sotto il diluvio. Il Col du Telegraphe è abbastanza insignificante (anche se probabilmente ben guidabile, quando non piove), ma vogliamo arrivare al "mitico" Col du Galibier!
Eccolo. Le nuvole sono basse, la pioggia non ci abbandona. Sono diciotto chilometri di salita. A circa dieci chilometri dalla cima vediamo una coppia di ciclisti che si sono fermati a metà della discesa: uno piange dal dolore alle mani. E' senza guanti, e la discesa gli ha probabilmente tolto la sensibilità agli arti (il Galibier senza guanti, in settembre... mah... anch'io, dentro gli Spidi H2Out imbottiti, ho già freddo!).
La neve sul Galibier
La neve sul Galibier
Adesso la nuvola è più fitta. Nevica! Splendido. 
Il primo Bar Ristorante (prima del tunnel che potrebbe evitarci di percorrere la cima del Colle) ha un bel cartello "Ouvert". Peccato che, dopo eserci tolti i caschi, i guanti, e illusi: lo troviamo maledettamente chiuso! Gli avrei dato fuoco dalla rabbia!
Invece ripartiamo. Arriviamo in cima, snobbando la galleria. Vedo a malapena il sottile nastro d'asfalto. Attorno sembra non esserci nulla... solo un po' di bianco del nevischio. Non ho la forza di chiedere a Claudia di fotografare il monumento della cima. In quel momento penso che, in una giornata così, non abbiamo nulla da dimostrare: adesso mi spiace non aver la foto della cima.
Quando incrociamo la strada che sbuca dalla galleria troviamo l'altro Bar-Rifugio: questo è aperto! La cioccolata in tazza più buona del mondo, e i termosifoni più amati da molto tempo... 

Scendiamo. Il clima migliora gradualmente. Lasciamo a destra il Lautaret e, stanchi, scendiamo verso Briancon (in realtà, siccome alcuni anni fa eravamo passati da Cesana Torinese, abbiamo anche fatto il Monginevro per andare a dormire in Italia. Abbiamo commesso uno sbaglio. Cesana, con il brutto tempo, era già "fuori stagione". Tutto chiuso, abbastanza triste. Sarebbe stato senza'altro meglio approfittarne per visitare la simpatica e caratteristica Briancon).

mercoledì 4 settembre 2002

Il Grand Tour delle Alpi 2002 - day 5

4 settembre 2002. GiornoCinque. direzione RdGA!

C'è anche un po' di pallido sole quando partiamo per salire al NufenenPass. Già a metà salita, però, ci troviamo in mezzo alle nuvole. Il freddo si fa pungente mano a mano che saliamo. La discesa verso il San Gottardo la affronto a velocità da lumaca (sono sempre molto fermo, ma qui...): il fondo è costituito da lastroni di cemento, ma soprattutto non vedo nulla. 
Come non vedo nulla in cima al San Gottardo, dopo che in basso, vicino ad Airolo, mi ero permesso di percorrere alcuni chilometri della vecchia strada, quella tutta in sanpietrini e con la riga al centro costituita da sanpietrini gialli... da raduno di moto d'epoca!
Troviamo una situazione meteo un po' migliore sul Furka, ma poi ci rifacciamo sul Grimsel (con la dovuta attenzione alle mucche), che ripercorriamo in senso inverso rispetto al giorno precedente. 

Bellissima la discesa fino ad Innertkirchen, poi ci dirigiamo ad Interlaken e al Faulesee. Siamo sempre senza vignetta autostradale. Riuscire ad arrivare in Francia senza doverla acquistare è diventato un punto di orgoglio (vero Schwarz?). 
Salendo al San Gottardo 

E' forse la parte più noiosa di tutto il viaggio: paesini, incroci, limiti di velocità. Aiutati anche dal GPS riusciamo a raggiungere la strada del Col du Pillon
Direzione Lago di Ginevra
Non male in certi tratti l'asfalto, in altri semplicemente indecente. Banale il Col du Pillon, ma l'ultimo ostacolo prima del Lac Leman, o Lago di Ginevra, con il suo trafficatissimo lungo-lago.
Il GPS questa volta è utilissimo per trovare, già nella periferia di Thonon-Les-Bains, l'inizio della Route des Grandes Alpes. La strada che percorreremo nei prossimi due giorni! 
Lago di Ginevra

La RdGA parte dalla periferia di Thonon-Les-Bains per raggiungere Mentone, circa 700 chilometri più a sud. I lavori per la Route del Alpes iniziarono nel 1909 per iniziativa del Touring Club de France. 
Pochi chilometri e siamo di nuovo immersi nella natura, e dopo il caos e il traffico del lungo lago, è aria pura! La via è tabellata. Spesso troviamo aree di sosta attrezzate e indicazioni turistiche dettagliate (monumenti, ponti, orridi, paesi). Non mancano chioschi e bar, dove poter fermarsi qualche minuto.
...seguendo la Route des Grandes Alpes
E' già pomeriggio inoltrato quando giungiamo a Les Gets, stazione turistica piuttosto grande e attrezzata, che io pensavo fosse giunta ad uno spopolato fine stagione. Invece tra due giorni c'è la finale di Coppa del Mondo di VTT (Velo Tout Terrain, la dizione francese della MTB). Ci fossi capitato un decennio fa, nel pieno della mia stagione di MountainBiker... mi sarei fermato a fotografare e a collezionare gli autografi di tutti i campioni di Downhill e Cross Country... ma ormai credo che i campioni dei miei tempi abbiano appeso il rampichino al chiodo...
Nonostante i molti "tutto esaurito" troviamo un due stelle non disprezzabile, ma la sera ci concediamo una cenetta in un localino che pare interessante. Ah, les Tartiflettes!!! Dopo una dura giornata in moto ordiniamo due tartiflette al Ristorantino Les Copeaux. 
Le tartiflette sono molto simili ai Rostì svizzeri, ma non hanno l'uovo e la fetta di prosciutto è sostituita da piccoli pezzettini di pancetta. Le patate sono lessate: in definitiva si tratta di un piatto un po' più delicato. Servito in terrine alte, il formaggio rimane in ebollizione per molto tempo: non occorre correre per gustare una tartiflette perfettamente bollente! 
Una bottiglia da mezzo litro di ottimo Gamay, un paio di fette di torta di lamponi con un'ottima panna, un paio di caffè: 47 Euro. Più che corretto e tutto assolutamente consigliabile!


martedì 3 settembre 2002

Il Grand Tour delle Alpi 2002 - day 4

3 settembre 2002. GiornoQuattro. Grabunden Mototour!

Il maltempo blocca anche i pasticceri, e la colazione al Roxy Bar diventa tristissima, a base di fette da toast arrostite e marmellate confezionate. Bleah! Il pieno a 0,651 Euro a litro ci riporta il sorriso, nonostante l'acquazzone!

Affrontiamo la Forcola di Livigno sotto un fortunale, passiamo le due dogane senza quasi vederle (e anche i doganieri hanno pietà di noi), in mezzo alle nuvole e agli scrosci.
Il Bernina... sono sicuro di averlo fatto, ma non l'ho visto!
L'AlbulaPass diventa così un'altra avventura: asfalto non perfetto, ma una natura affascinante che la pioggia non riesce a nascondere completamente. Sul passo solo noi e molti militari svizzeri in manovre. Il caffèlatte bollente all'Hospizio sul passo è provvidenziale, e diventerà uno di quei piccoli dolci ricordi che fanno di un itinerario un viaggio!
...direzione Passi svizzeri!!!
Le tranquille colline svzzere (attraversate sempre rigorosamente fuori autostrada) ci portano a Tiefencastel e a Thusis. Raggiungiamo Ilanz dalla vecchia strada provinciale (in parte sterrata per lavori) seguendo più l'istinto che cartina o GPS (troppa pioggia per veder bene). 
Dopo Ilanz la strada ritorna molto veloce e andiamo all'OberalpenPass. Splendido. Come il Rostì Alpsu che Claudia ed io ci dividiamo all'Ustria Alpsu (in cima al passo). Il Rostì è uno splendido ammasso calorico e bollente (patate, prosciutto, formaggio fuso, uovo, cetriolone sott'aceto) in grado di riscaldare e rifocillare qualunque viaggiatore infreddolito.
Verso l'Oberalpass
All'Ustria Alpsu, tra l'altro, troviamo uno smanettone valtellinese (simpatico, nonostante lo scherzoso appellativo di mangia-riso affibbiato al TDM) che nella bacheca del locale, in mezzo a souvenir, cartoline, magliette, ha messo in bella mostra la testa del suo vecchio Ducati 851 (distrutto non ricordo se in pista o su qualche tornante).
Il tempo è tiranno. Siamo costretti a salutare e ripartire: abbiamo ancora Susten Pass e Grimsel Pass. Credo che siano due passi disegnati per i motociclisti. Curve così belle sono sprecate per camper, pullman, automobili. Il ritmo diventa dolcemente allegro (nonostante il pieno carico), non cerco certamente la velocità (non è la mia indole e non ne sono capace) ma il dolce ondeggiare dell'equilibrio...
GrimselPass 
GrimselPass
Una rapida discesa ci porta a Gletsch poi, dopo qualche chilometro in direzione Brig, proprio all'incrocio con la strada che l'indomani ci porterà al Nufenen Pass, troviamo un'insegna particolare: un Biker Point. E' l'Hotel Ristorante Astoria, a Ulrichen (che tra l'altro scopriremo essere un paese piccolissimo ma splendido, costituito ancora da tutte abitazioni in legno antichissime). Per 59 Franchi Svizzeri a testa, oltre la colazione, è compresa anche l'utilizzo della sala riscaldata per l'asciugatura delle antipioggia e dell'attrezzatura, nonchè di un caldo e attrezzato garage. La camera è ottima, moderna, pulita, spaziosa. Veramente un ottimo Biker Point!
Ulrichen