lunedì 21 ottobre 2002

Quei cavalieri solitari che scelgono la moto - Giuseppe Turani su 'La Repubblica'

Vorrei segnalare ai miei quattro scornacchiati lettori, un bell'articolo di Giuseppe Turani sullo 'Speciale Motori' di Repubblica del 21 ottobre 2002:

QUEI CAVALIERI SOLITARI CHE SCELGONO SOLO LA MOTO 
di Giuseppe Turani (La Repubblica Speciale Motori)

C'è, clandestino e poco studiato, un boom della moto. 
Per rendersene conto, da Milano, basta andare alla domenica nelle valli a Sud, Oltrepò, Val Tidone, Val Trebbia, Val Nure, e si vedranno colonne di motociclisti impegnati a risalire le valli, dalle quali scenderanno poi nel pomeriggio. 
Tutti questi viaggi non hanno, ovviamente, alcuno scopo, se non appunto il viaggio. 
E qui c'è una delle chiavi del boom della moto: ci si può divertire. 
Se uno compra una Porsche da 260 milioni, poi alla fine si ritroverà comunque in colonna insieme alle Golf e alle Punto (magari persino vicino a una Stilo). Se invece si compra una Ducati, una Yamaha Fazer o una Honda Hornet alla domenica potrà lanciarsi su per le valli, smanettare un po' e godersi il suo mezzo. 
Ma non si tratta solo di questo. Con una moto si sa di appartenere a una comunità. 
Non ci sono tessere, non ci sono iscrizioni, ma c'è la comunità. 
Un motociclista è, per definizione, un cavaliere solitario. Ma basta avere un incidente o un guasto perché nel giro di pochi minuti dal nulla sbuchino cinque, dieci altri motociclisti tutti pronti a dare una mano, a procurare un pezzo di ricambio, a fornire una chiave del 14, un cavo della frizione o qualunque altra cosa sia necessaria per rimettere il cavaliere in sella. 
Basta fermarsi a un bar, dove sono parcheggiate un paio di moto e si sa che dentro si troveranno amici pronti a dare una mano. Insomma, mentre l'automobilista è (per ogni altro automobilista) un nemico e un concorrente (è quello che va piano e non ti lascia superare, è quello che ti frega il parcheggio), i motociclisti sono una delle ultime comunità informali esistenti. 
Li sorregge appunto il fatto di essere dei cavalieri solitari e anche un po' retrò, che invece di girare dentro comode berline con aria condizionata e telefonino, si avventurano in sella a mezzi rumorosi e privi di ogni comfort, impegnati non in tornei, ma impegnati a macinare tornanti su tornanti, solo per il gusto di farlo e di farlo bene.
Infine, c'è anche la questione che girare in Porsche o in Ferrari costa cifre assolutamente proibitive, mentre con le moto si può stare ai vertici spendendo cifre ragionevoli (anche se per certi modelli veramente super si sfiorano i 50 mila euro). Ma anche con appena 1520 mila euro si può salire in sella a destrieri di tutto rispetto.
Il boom della moto è figlio, dunque, di due fenomeni che appaiono in contrasto, ma non lo sono: il gusto del viaggio solitario, avventuroso, accompagnato dalla consapevolezza di fare parte di una collettività, quella appunto dei cavalieri solitari.
Il boom delle moto, almeno qui in Italia, non è naturalmente generale. I motorini, ormai, non interessano più a nessuno, nemmeno ai ragazzini. Sono usati solo dai tipi veramente snob e eleganti per girare in città (come il banchiere nostro amico che gira con un suo Garelli d'annata o come una nostra amica pubblicitaria che fa altrettanto, ma con la cuffia del telefonino sotto il casco). Gli scooteroni (che ormai sono vere e proprie automobili, nelle dimensioni e nel comfort) interessano sempre meno. Probabilmente perché hanno saturato il mercato.
Il boom, quindi, riguarda propriamente le maximoto, dai 600 cc di cilindrata in su. Qui si può trovare di tutto: dalle moto da 8 mila euro a quelle da 20 mila, escludendo i fenomeni da 304050 mila euro. Ma, insomma, oggi si ritiene che una moto "giusta" per fare una bella corsa da Milano al Monte Penice e ritorno debba essere almeno o una 600 spinta o una mille. Molti hanno preso l'abitudine di girare con questi mezzi anche in città, dove stanno poi parcheggiati in grandi schiere (difficile trovare una moto isolata: stanno tutte insieme, sempre per via di quella storia della comunità).
Come in tutte le comunità, infine, ci sono gli accessori: quello stivale, quel casco (adesso va di moda lo Schumacher, che in realtà si chiama Schubert, il pilota Ferrari lo ha solo adottato, con visiera parasole incorporata), quel giubbino, quei pantaloni o, per i più gasati, quella tuta completa, magari in pelle. Anche qui, ovviamente, c'è qualche piccola snobberia. Il vero motociclista, quello non improvvisato, lo riconosci perché di nuovo, a parte la moto e il casco (si punta sempre sull'ultimo modello), non ha quasi niente. È tutto, dal giubbino alle scarpe, un po' usato, un po' consumato dal vento, dall'acqua, dall'olio e dall'asfalto.