giovedì 6 agosto 2009

Andrea Camilleri: "La mia rabbia libera"

Nell'ultimo numero dell'Espresso mi è capitato di leggere una bella intervista di Stefania Rossini allo scrittore Andrea Camilleri. La ripropongo ai miei quattro lettori, anche perchè è un vero peccato che certi articoli finiscano nel cassonaetto della raccolta della carta quando, la settimana successiva, esce il nuovo numero del giornale:
Andrea Camilleri: "La mia rabbia libera"di Stefania Rossini
Il premier e le sue televisioni. La Bindi e la Binetti. Il Pd e i suoi malesseri. Il Sud e Lombardo. In un libro il j'accuse del padre di Montalbano. Colloquio con Andrea Camilleri
Questo è il Paese dei Campanelli e la sua classe dirigente è da operetta... Andrea Camilleri non rinuncia all'abituale ironia per descrivere una situazione che ritiene drammatica. Negli ultimi mesi ha seguito giorno per giorno la vicenda nazionale e ne ha fatto, insieme a Saverio Lodato, un diario quotidiano su 'l'Unità', ora raccolto in un volume con il titolo 'Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009' (Edizioni chiarelettere). È un libro denso che coinvolge come uno dei suoi racconti, ma che impressiona come un catalogo degli orrori. Sono gli orrori di una politica che ha perso il senso della sua funzione e del bene comune, che grida parole per riempire il vuoto di contenuti, che asserisce e smentisce, che elegge la volgarità a stile di vita, che irride la povertà e mente sulla realtà di una crisi economica rovinosa.
Camilleri, la sua analisi è impietosa. Possibile che per tutto questo ci sia un solo colpevole?
"Infatti non c'è soltanto Berlusconi, c'è tutto un popolo che lo segue. Il problema vero del nostro Paese è che quest'uomo non si è imposto con la forza, ma è stato liberamente eletto e continua a piacere agli italiani".
Come ci riesce? E come fa a durare nel tempo?
"Grazie a una caratteristica che ha solo lui: rispecchia e rimanda agli italiani il peggio di loro stessi".
Perché questo specchio deformante dovrebbe piacere?
"Per acquiescenza, per pigrizia, per connaturata propensione al gregge. Oggi si tende a dire che gli italiani hanno subito un cambiamento antropologico, ma non è vero, se lo lasci dire da un vecchio di 83 anni. Gli italiani fecero lo stesso con Mussolini. Mi guardo bene dal paragonare i due regimi, qui non ci sono manganelli e olio di ricino, ma l'infatuazione per il capo branco, per colui che guida, è tristemente identica".
Per cinquant'anni se ne è fatto però a meno.
"È vero. Io ho conosciuto l'Italia bellissima del dopoguerra, la partecipazione alla vita pubblica, la passione per una politica che, pur nel conflitto, era segnata dall'onestà. Parlo di De Gasperi, Togliatti, Nenni... Ma appena se ne è presentata l'occasione, gli italiani sono tornati a credere a un demiurgo che se li è tirati su a propria immagine e somiglianza puntando sul fascino dell'apparire e convincendoli con la potenza delle sue televisioni".
C'è chi sostiene che non si deve dare troppa colpa alla tv...
"Sì, ho sentito pure questa. Allora voglio ricordare che la tv ha convinto il mondo intero quando il generale Colin Powell mostrò all'Onu la fiala che, a suo dire, avrebbe permesso a Saddam di distruggere una nazione. Ci abbiamo creduto tutti, io ci ho creduto. E poi si è visto che era la prima bugia di una guerra fondata sulle bugie.
La gente crede alla televisione come all'oracolo di Delfi, tanto più in un Paese come il nostro dove non si leggono i giornali. E ci crede anche quando a usarla è un demiurgo che stravolge il vocabolario".
In che senso?
"È evidente: Berlusconi parla una lingua tutta sua. Dà significati diversi alle parole che perdono così la loro funzione di condivisione e scambio. Può smentirsi di continuo proprio perché capovolge il senso della parola appena pronunciata. Poi si lamenta che non si può discutere con l'opposizione. In realtà non si può discutere con lui perché il suo linguaggio è intraducibile. Fini, invece, ha il nostro stesso vocabolario e se gli serve una parola che conosce poco, come è accaduto per 'Resistenza', viene a chiedercela in prestito".
Quindi la convince la trasformazione di Fini?
"Guardi, io non so se sia colpito da un profondo travaglio interiore, come si usava scrivere nei romanzi d'appendice, o se lo faccia per bassi scopi politici. Mi interessa poco. Quello che conta sono le cose che Fini dice sui temi etici e le leggi non condivise, i gesti che ha fatto verso gli ebrei e gli immigrati. E comunque la sua trasformazione è irreversibile, un po' come è accaduto a noi comunisti. Parlo per esperienza diretta: non si può tornare indietro".
Ma si può rimanere a lungo in una situazione di stallo. A suo parere, dove va il Pd?
"Non ho mai voluto aderire al nuovo partito perché me ne considero un semplice sostenitore, anzi, per usare un termine da codice penale, un fiancheggiatore. Certo, non posso dire che i suoi dirigenti stiano dando un bello spettacolo. Veltroni stava mandando la sinistra sotto zero, Franceschini per fortuna ha svolto un lavoro di stoppaggio della deriva, e ora...".
Ora?
"L'importante è trovare una mediazione tra anime diverse. Nel Pd c'è la Binetti e c'è Marino, entrambi cattolici ma, con tutto il rispetto per Marino, entrambi irrigiditi su posizioni opposte. L'unico tentativo serio di incontro tra culture politiche sono stati finora i Dico della Bindi, anche lei cattolica, ma capace di mediare. Bersani forse ne avrebbe l'animo, ma non è il momento di cambiare. Io mi terrei Franceschini".
Che ne pensa delle primarie?
"Io non ho votato nel passato e non voterò perché ci vedo troppa confusione. Alle primarie devono votare quelli che hanno la tessera del partito, punto e basta. Sono uno strumento utile se fanno da contenitore più grande per gli iscritti che non sono stati delegati al Congresso, ma non possono diventare terreno di scorribanda per chiunque, magari anche per gli avversari politici. Sennò è una muzziata, come si dice in Sicilia quando si fa il raccogliticcio di pesci diversi: triglia, trigliola, pesce verde, pesce blu...".
A proposito della sua Sicilia, come valuta il terremoto politico che la sta investendo?
"È cominciato un grande sommovimento che va tenuto d'occhio. Non posso simpatizzare con il governatore Raffaele Lombardo che è un uomo di destra, ma non posso neanche dargli torto. C'è stata una comprensibile reazione a Berlusconi sempre più prono alla Lega e ai suoi diktat".
Una reazione che potrebbe far nascere davvero un partito del Sud?
"Sì, e allora? Si tira fuori la storia della disunità d'Italia solo quando si muove il Sud, mentre tutti zitti quando il Nord si pulisce il sedere con la bandiera. Qui c'è un fatto serio di finanziamenti negati, di ennesima umiliazione del Meridione. Noi siciliani abbiamo ampiamente superato la fase del separatismo, ma bisogna gridare ai quattro venti che l'autonomia siciliana non ha mai funzionato perché è stata sempre malamente governata. Un solo esempio: qui l'amministrazione manda in pensione dopo dieci anni di lavoro e con cifre notevoli. Ora qualcosa cambia e sembra rivivere una specie di neomilazzismo. Ma forse gli italiani non sanno più di che cosa si tratta".
Ce lo ricordi lei.
"Nel 1958 il democristiano Silvio Milazzo venne eletto presidente della Regione Sicilia con i voti di destra e di sinistra contro il candidato del suo partito e fece un governo con esponenti sia del Msi che del Pci. Fu un rivolgimento politico che provocò la spaccatura della Dc, come in questo caso quella del Pdl, e a distanza di otto mesi il governo nazionale cadde. La Sicilia è un grande laboratorio politico che anticipa spesso le scelte del Paese, e chissà che anche questa volta non faccia da apripista!".
Insomma, un finale con Berlusconi sconfitto dalla rivolta sudista?
"Perché no? Mi metto in fiduciosa attesa, mentre lo vedo affannarsi tra le bugie, sommerso da scandali sessuali con conseguenze politiche che avrebbero fatto saltare subito un premier di qualsiasi altra nazione al mondo. Viviamo ormai tutti immersi in questa tragicommedia italiana. Chi non ha problemi economici può anche divertirsi con la commedia grottesca che ogni giorno ci regala una nuova puntata di storie di letto. Ma chi, come i disoccupati o i cassaintegrati, soffre sulla propria pelle le conseguenze di una crisi negata e non arginata, ne avverte soltanto la tragedia. Io sto con loro".
(tratto da L'Espresso, 30 luglio 2009)

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