sabato 29 agosto 2009

E adesso, papi, denunciaci tutti!

Il premier Silvio Berlusconi ha deciso di querelare La Repubblica, perché ritiene "palesemente diffamatorie" le 10 domande sul caso Noemi e per un articolo del 6 agosto dal titolo 'Berlusconi ormai ricattabile''.
"E' la prima volta nella memoria di un paese libero, che un uomo fa causa alle domande che gli vengono rivolte. Ed è la misura delle difficoltà e delle paure che popolano l'estate dell'uomo più potente d'Italia. La questione è semplice: poiché è incapace di dire la verità sul 'ciarpame politico' che ha creato con le sue stesse mani e che da mesi lo circonda il capo del governo chiede alla magistratura di bloccare l'accertamento della verità impedendo la libera attività giornalistica d'inchiesta, che ha prodotto quelle domande senza risposta" ha scritto Enzo Mauro.
E più o meno gli stessi commenti si sono letti su tutte le principali testate giornalistiche d'Europa, dai tedeschi "Die Zeit" e "Die Welt" agli inglesi "The Guardian" e "Financial Time", dal francese "Le Monde" allo spagnolo "El Pais". Non sono giornali di partito: sono organi di stampa credibili per i quali "la stampa democratica deve pubblicare quel che interessa gli elettori di fronte ad ogni abuso di potere" (El Pais), "i giornalisti esistono per fare domande" (The Guardian) e, soprattutto, "qui è in gioco il ruolo dei media in democrazia" (Die Zeit).
Già, la democrazia.
In un paese dove già si legge poco e si vede molta TV, dove il premier è proprietario di tre reti Mediaset, controlla ormai la Rai e La7 non ha certamente il coraggio di andare contro le corazzate della raccolta pubblicitaria de Capo, la democrazia è a rischio.
Se pensate addirittura che in questi giorni sia Rai che Mediaset hanno rifiutato di trasmettere i trailers di "Videocracy" (film-documentario sul "velinismo" e sulla televisione stupida girato in tempi pre-Noemi...) si capisce che siamo veramente all'emergenza democratica.
Come ha giustamente osservato un regista cinematografico (che di culi se ne intende) in un'intervista recente: "Non ho niente in contrario che Berlusconi faccia le sue orge. Ma non sopporto che per compiacere il Vaticano e l'elettorato cattolico dica no alla fecondazione artificiale, al testamento biologico, alle coppie di fatto e via dicendo. Questa ipocrisia la trovo indecente. Anche D'Annunzio faceva le orge, ma almeno le dichiarava... ...penso che Berlusconi abbia dato un bel contributo a cambiare in peggio gli italiani, abituandoli a credere che è normale quel che normale non è. Che va bene pagare dei pedaggi sessuali per fare carriera e soldi. Che ogni comportamento è assolto se porta al successo".
E quando per ricucire con la chiesa si svende la laicità dello Stato (vedi l'assurda legge sul testamento biologico, la battaglia contro Beppino Englaro, quella contro l'introduzione della pillola abortiva) oppure le escort vengono fornite da imprenditori che fanno utili con le commesse pubbliche... beh, qui non si tratta di affari privati, ma di "affari" che interessano proprio noi elettori, che siamo chiamati a pagare le debolezze e le ricattabilità di un premier...
FIRMA ANCHE TU l'appello di tre giuristi Cordero, Rodotà e Zagrebelsky per la libertà di stampa!
L’attacco a "Repubblica", di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l’ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia.
Le domande poste al Presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere.
Invece, si batte la strada dell’intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee", come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.
Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d’informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.
Franco Cordero, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky

1 commento:

Piero, centauro Bo ha detto...

un incubo senza fine.